Yoga: cos’è e quali benefici comporta

Lo Yoga ha la sua leggenda

Ne sono protagonisti il dio Siva, la sua amata sposa, la dea Dûrga (Pârvati) e un pesce (Matsya). «Siva il Propizio» è il nome del Disintegratore o Distruttore (ma anche dio della riproduzione) che si incarna nel terzo dio della Trimurti Indù o Triade. Gli altri due sono Brahma e Vishnu il «Creatore» e il «Preservatore». Siva ha tre occhi, uno dei quali è sulla fronte. Rappresentano figurativamente la sua facoltà di vedere le tre divisioni del tempo (passato, presente e futuro), mentre una luna crescente, sopra l’occhio centrale, indica la misura del tempo dei mesi; un serpente attorno al suo collo indica la misura degli anni, e una seconda collana di teschi con altri serpenti attorno alla sua persona indica la perpetua rivoluzione delle ere. La sua capigliatura è intrecciata e arrotolata sopra la fronte. Sul capo riceve 11 Gange, l’impetuoso fiume che discende dal cielo.

La sua gola è blu scuro a causa della macchia del mortale veleno che avrebbe distrutto il mondo, se non fosse stato da lui inghiottito. Impugna un Trisûla, o tridente (chiamato Pinaka) che indica, secondo taluni, la combinazione dei tre attributi di Creatore, Distruttore e Riproduttore. Si narra che Siva insegnasse alla sua diletta sposa, la dea Pârvatì, in una caverna vicino alla quale venivano a morire le onde dell’immenso Oceano Indiano, l‘Hatha-Vidyâ, cioè la scienza (Vidyâ) delle tecniche misteriose dell’ Hatha-Loga, che comprendono le âsana o posizioni magiche delle quali egli stesso era il crea-tore; pratiche riservate unicamente agli dei indiani proprio come il nettare e l’ambrosia erano riservati solo agli immortali dei dell’olimpo. Accadde che un pesce, affascinato dalla magnetica e musicale voce del dio, osservasse quegli strani esercizi e subisse a causa loro un radicale e sorprendente mutamento: la trasformazione in un essere umano. Questo fu il primo Yogi. Si chiamò Matsyendra che in sanscrito vuol dire «pesce fatto uomo». Matsyendra insegnò in gran segreto queste tecniche, che vennero poi tramandate da maestro (Guru) a discepolo (Chela) per intere generazioni. Questa è la leggenda che si riferisce più strettamente all’Hatha-Yoga o Yoga ginnico.

La leggenda vuole che lo Yoga, insegnato da Siva alla sua sposa, venga poi diffuso nel mondo da un pesce mutato in uomo.

Yoga e ritrovamenti archeologici

Lo Yoga non ha un’origine precisa, le sue tecniche psicofisiche erano conosciute e applicate in tempi assai remoti, come attestano gli scavi effettuati sotto la direzione di John Marde nella valle dell’Indo (Punjab), a Moherjo-Daro e ad Harappa.
Gli scavi portarono alla luce i resti di una antichissima civiltà, fatta risalire a ben tremila anni a.C. Si rinvennero placchette, amuleti, sigilli e figurine varie, rappresentanti divinità o asceti in atteggiamenti yoga (âsana), che mostravano già una certa organizzazione. Secondo John Marshall questo periodo durò circa mille anni, cosicché gli studiosi fanno risalire lo Yoga a seimila anni dall’era attuale.
Lo Yoga originò varie branche, e alcune correnti filosofiche e religiose trovarono utile apparentarsi con esso a motivo della medesima meta da realizzare. Tuttavia, lo Yoga originale, lo Yoga classico e più conosciuto, lo troviamo espresso in Patanjali e nei suoi Yoga-Sutra.

Yoga: senso, fine

Il termine «Yoga» (sotto il quale troviamo tutte le tecniche fisiche, mentali e spirituali praticate assiduamente in ogni parte dell’India, da Ceylon all’Himalaya, e che vennero integralmente adottate dai Lama del Tibet, da alcuni scrittori mistici della Mongolia e della Cina e che furono realizzate specialmente nei conventi zen giapponesi) proviene dalla radice sanscrita yuj che significa «aggiogare, unire, legare assieme» (di cavalli o carri) e ricorre particolarmente nel Rig-Veda (il Veda degli Inni, il più antico libro sacro indiano) nonché in moltissimi altri testi antichi sanscriti.
Yoga va quindi interpretato come «l’atto di aggiogare, di unire, di attaccare», il cui significato può essere esteso e trasferito al controllo del corpo, della mente (manas) e dei sensi (indryas): «cavalli» assai ribelli per i quali è necessario il «giogo» della disciplina yogica.
A questa prima interpretazione del termine Yoga, se ne affiancano altre, per esempio quella di «associazione, connessione, unione» dello spirito individuale (Jivâtma) con quello universale (Paramâtma), definizione che troviamo in un celebre e fervido poema mistico indiano, il Bhagavad-Gita (secondo secolo a.C.)

Vari Yoga

Abbiamo accennato che vi sono più correnti voga, a causa delle diverse vedute dei vari temperamenti o caratteri individuali dei praticanti.
Tuttavia, queste correnti convergono tutte verso la medesima meta, come fiumi al mare. Allo scopo di dare una più esatta conoscenza di esse, troviamo proficuo elencare i rami yoga più noti:

  • Hatha-Yoga: lo Yoga ginnico dell’armonia psico-fisica, della salute e della longevità.
  • Karma-Yoga: lo Yoga del lavoro e della retta azione
  • Bhakti-Yoga: lo Yoga dell’amore cosmico.
  • Râya-Yoga: lo Yoga mentale, regale, classico.
  • Jnâna-Yoga e Vedânta: lo Yoga della filosofia, del ragionamento, del razionalismo.

Molti altri rami Yoga usano metodi e tecniche diversi per realizzare la stessa meta, adatti ai vari temperamenti e alle diverse esigenze indivi-duali, per esempio, il Tântra-Yoga fra l’altro utilizza la sessualità e la donna come mezzi illuminanti.

Le scritture indiane raccomandano di intraprendere lo Yoga sotto la guida di un Maestro sicuro (Guru), poiché il sentiero è sottile e pericolo so come il «filo di un rasoio».
«Fra migliaia di uomini a stento ve n’è uno che lotti per raggiungere la perfezione; e tra le migliaia di fedeli che lottano, a stento uno solo conosce la Mia Essenza.» (Bh. Gi. VII, 3).

Hatha Yoga

«I segni di perfezione in Hatha-Yoga sono i seguenti: il corpo diventa più snello, il linguaggio eloquente, i suoni interiori vengono uditi distintamente, gli occhi si fanno chiari e luminosi, il corpo si libera da tutte le malattie e dall’obesità, il fluido seminale viene controllato, i poteri digestivi aumentati e i nâdì purificati.»
Hatha-Yoga Pradîpikâ

L‘Hatha-Yoga è un complesso organico di esercizi ginnici e respiratori che hanno subito un perfezionamento millenario. L’Hatha-Yoga oltre a conferire salute, snellezza di membra, forza e longevità, apporta grandi benefici psichici per la correlazione corpomente. La respirazione e curata in particolare perché esercita grande azione sul sistema nervoso, sul cuore e sul l’efficenza generale.
Con la respirazione Yoga (Prânayâma) viene diretta e dominata l’energia della vita (Prâna), sia per prolungare l’esistenza umana, sia per destare fresche energie spirituali. È ovvio che l‘Hatha-Yoga rappresenta un valido aiuto anche per tutti coloro che seguono altri sistemi, in quanto procura una grande armonia del corpo e della mente, nonché la migliore efficienza di questi preziosi strumenti. Esso, in sintesi, è la pietra angolare di tutto il sistema.

Ritorniamo all’Hatha-Yoga. Che cosa significa Hatha? Significa «violenza, forza, ostinazione, pertinacia».
Nell’Hatha-Yoga, infatti, è richiesto un certo sforzo, sia pure controllato, grande ostinazione, e costanza nella pratica.
Ma la salute e l’efficienza sono sorrette, afferma lo Yoga, dal mantenimento dell’armonia di due opposte «correnti» che potremmo definire «elettropsicobiologiche» esistenti nel motore umano, correnti che trovano un’analogia con quella elettrica ove abbiamo i poli positivo e negativo.
Nell’uomo, il positivo (Ha, o Pingalã) vibra nella parte destra del corpo, e il Negativo (Tha, o Idã) nella sinistra, e hanno relazione e simbolizzazione astronomica rispettivamente con il Sole (+) e con la Luna (-). Dalla buona vibrazione di queste due correnti dipendono la salute e 1 buon andamento del complesso meccanismo umano. Lo scopo dell’Hatha-Yoga è quello di armonizzare, di unire in armonia questi «poli» psicofisici, e ciò, per chi mira solo alla propria efficienza significa: salute oppure, in un senso più profondo, significa “autorealizzazione” per chi aspira a fini superiori.

Considerazioni sull’Hatha-Yoga

Difficilmente si può trovare una ginnastica più completa di quella yoga. Qualcuno parlerà della ginnastica cosiddetta «medica» o «fisiologica», divulgata dai nostri professori di ginnastica e di fisiologia. Questa ginnastica ha molti punti in comune con quella yoga, con la differenza che il sistema indiano, oltre alla prerogativa di precursore, è un metodo eugenetico, integrale, rafforzato da millenni di perfezionamento
Lo Yoga scientifico rappresenta così l’ideale della più completa purificazione fisica, poiché applica in pieno i benefici derivati dalla profilassi personale yogica che insegna il metodo migliore per vivere convenientemente e in profonda sintonia con la natura. Particolarmente importante è l’intento iniziale dello Yoga di sradicare gradualmente, o moderare, molte cattive abitudini che arrecano seri danni a tutto l’organismo, come il fumo, l’eccesso d’alcol e il disordine della nutrizione.
Sembra che la vita umana possa essere prolungata considerevolmente grazie a queste pratiche che combattono le cause della senilità e permettono un certo controllo e dominio di organi detti normalmente involontari. «Gli Yogi», scrive Yogendra, «ritengono assolutamente possibile evitare la vecchiaia e anche i vecchi possono ringiovanire con la continua e accurata eliminazione dei veleni del corpo.»

Rientrano inoltre nelle tecniche voga speciali pratiche per la cura del naso, degli occhi, dello stomaco, del fegato, degli intestini, dell’apparato respiratorio, del sistema nervoso eccetera. Naturalmente molti di questi esercizi devono essere eseguiti in modo graduale, per un certo periodo iniziale di secondi e minuti, e alcuni esclusivamente sotto il vigile occhio dell’istruttore.

Naturale equilibrio psicofisico

L’importanza di mantenere un equilibrio fisico naturale è stata presa in grande considerazione dai maestri dello Yoga
Se prendiamo in esame un corpo vivente, osserviamo che esso può assumere varie posizioni di equilibrio delle guali solo alcune permettono il regolare funzionamento del-
l’organismo, mentre una sola di esse è particolarmente importante agli effetti di un perfetto equilibrio biologico.
Nel caso di un albero, la posizione di equilibrio funzionale è quella verticale. Si obietterà che tale osservazione è banale. ma se provate a costringere un giovane arbusto a mutare tale posizione naturale, noterete che esso farà un certo sforzo affinché il fusto, dopo una semicurva, inizi di nuovo a elevarsi verso il cielo, ristabilendo così l’equilibrio naturale. Come per la pianta, anche per l’uomo la posizione di equilibrio naturale è quella verticale. Allo scopo di mantenere la posizione di equilibrio, occorre che il prolungamento del centro di gravità del corpo passi entro la base di sostegno.

Molte persone, soprattutto occidentali, hanno un imperfetto senso di equilibrio e sono costantemente in stato di tensione per riequilibrare il fisico. Le cause principali di questo stato, del quale pochi si accorgono, sono le abitudini e le esigenze innaturali che determinano un perenne equilibrio instabile che, a lungo andare, produce stanchezza fisica e psichica. Lo Yoga insegna a evitare tale inutile dispendio vitale, ricorrendo alla rieducazione del senso di equilibrio datoci in tempi remotissimi dalla natura. In questo modo risultano utilizzate energie che altrimenti andrebbero perdute. Diremo infine che, riacquistando con le tecniche Yoga l’equilibrio naturale, vengono facilitate tutte le funzioni vitali degli organi interni. È chiaro che, finché si mantiene una posizione corretta e naturale, tutte le attività fisiologiche risultano armonicamente stimolate mentre al contra-
rio, se l’equilibrio diventa instabile, le varie funzioni vengono ostacolate.

Ora non sembrerà più paradossale affermare che un buon equilibrio è apportatore di salute e di forza. E il riassumere l’equilibrio naturale yoga evita dispersioni di energie, elimina la tensione nervosa, facilita l’attività della mente e le funzioni del corpo.

Lo Yoga può prolungare la durata della vita umana

Le statistiche dicono che la durata media della vita umana nei paesi occidentali è attorno ai settant’anni. Inoltre le statistiche affermano che raggiunti i quarant’anni, l’uomo ha il cinquanta per cento di probabilità di raggiungere 1 settanta e, quando tocca i settanta, ha un altro 50% di probabilità di arrivare a ottanta. Studiando gli animali, notiamo cicli medi di vita che toccano il secolo (l’aquila, il cervo e specialmente il cigno), per non parlare del l’elefante e del rinoceronte che superano tale limite, mentre mammiferi come il bue e il cavallo vivono quindici/vent’anni. Il gatto può arrivare a tredici/quattordici anni, e per raggiungere uno sviluppo normale e completo impiega circa un anno, conservandosi poi nelle condizioni fisiologiche raggiunte per circa dieci anni, dopo i quali subentra la vecchiaia, che consta dell’anno e mezzo o due che precede la morte.
Osserviamo così che la gioventù è un po’ meno di 1/10 del ciclo completo, la maturità è quasi di 8/10 e la vecchiaia è un altro 1/10. Questo ciclo di 1/10-8/10-1/10 si verifica in molti altri mammiferi.

Se noi applicassimo questo ciclo all’uomo, posto che 1/10 siano i vent’anni per la giovinezza, gli 3/10 dell’età intermedia sarebbero centosessant’ anni e infine l’ultimo ciclo di altri vent’anni circa, Sommando le tre cifre abbiamo come totale teorico duecento anni di vita umana.
L’uomo, indubbiamente a causa del suo costante allontanamento da madre natura, ha un ciclo reale che non si avvicina minimamente a quello teorico summenzionato. Tuttavia, sappiamo che in epoche remote la vita fu notevolmente più lunga di quella dei nostri tempi. Così afferma lo Yoga. Nei testi yoga troviamo allusioni ai lunghi cicli vitali di un’antica razza superiore e semidivina della quale noi saremmo la degenerazione. Ebbene: l’Hatha-Yoga potrà darci, con molta probabilità, la possibilità di risalire verso lunghi cicli vitali attraverso una vera e propria rigenerazione fisica e psichica.

Tutti siamo più o meno scettici circa la possibilità di vivere ben duecento anni. Vi sono stati casi eccezio-ali. Il Kerneiz ne ricorda uno originale di un antico saggio cinese. «II letterato cinese Li-Chang-Yun, morto nel 36 nel Che-Chuah, pretendeva di essere nato nel 1680, cosa che evidentemente non poteva provare. Ma i vecchi ricordavano di averlo visto sempre nello stesso stato. Morendo lasciava una vedova di sessantaquattro anni, ma era questa la sua… ventiquattresima moglie in linea di successione.
Se si contesta l’età di duecentocinquantasei anni che Li-Chang-Yun attribuiva a se stesso al momento della morte, si deve pur ammettere a ogni modo che egli aveva largamente superato tutti i limiti conosciuti della vecchiaia.
Naturalmente, noi non vogliamo affermare che con le pratiche dello Yoga si possa arrivare a duecentocinquantasei anni del dotto cinese, ma e cosa certa che, vivendo secondo i dettami dello Yoga, le possibilità di vivere più lungamente aumentano in modo positivo.

La morte e la vecchiaia sono i due massimi problemi ai quali i maestri dello Yoga hanno dedicato la loro attenzione. Sappiamo dalla medicina che le cause e le manifestazioni principali della vecchiaia sono in genere incurvamento e la deformazione di quella centrale bioelettrica che è la spina dorsale, il logoramento del cuore e della circolazione, l’atrofia delle varie ghiandole endocrine con relativa diminuzione degli inerenti poteri di prevenzione e di resistenza alle malattie, infine la degenerazione delle cellule polmonari.

Le tecniche scientifiche yoga tendono a rinvigorire e a ridare elasticità alla colonna vertebrale mediante speciali esercizi.

Per esempio, le posizioni yoga più usate per la meditazione contengono sempre la raccomandazione di mantenere la spina dorsale ben eretta. I polmoni, il cuore e la circolazione risultano poi stimolati e mantenuti nelle migliori condizioni fisiologiche da accurate e regolari respirazioni, le quali purificano il complesso biofisico liberandolo sistematicamente dai gas tossici che si formano nell’organismo. Si procede così a un vero e proprio ringiovanimento del corpo specialmente con il Prânâyâma o respirazione scientifica. La respirazione yoga ritmica profonda e armoniosa è uno dei più importanti segreti per ottenere, non diremo l’eterna giovinezza, ma un considerevole prolungamento della vita.

Mentre lo scienziato tende a innesti di ghiandole e a cure ormoniche per il ringiovanimento, il cultore dello Yoga ricorre a un originale autotrattamento che sovente consiste nella sospensione di ogni attività fisica per un certo periodo di tempo, indirizzando, secondo i casi, tutta la forza vitale su un determinato organo, evitando così il logoramento e il decadimento senile. Altre volte lo Yogi si pone volontariamente in uno stato di sonno letargico, che si può ottenere dopo il khekari o letargia, e durante il quale si compie, nelle profondità dell’organismo, una sorta di miracolo biologico-alchemico per il quale il corpo supera la vecchiaia e ringiovanisce, esattamente come il verme planaria che, tenuto a digiuno, si accorcia da venticinque a sei millimetri, dimostrando poi non solo la medesima possibilità di metabolismo di un giovane verme, ma altresì le altre sue caratteristiche specifiche.

Se d’altra parte è vero che molte pratiche di ringiovanimento yoga sono note, è altrettanto vero che tecniche profonde e superiori rimangono segrete e conservate gelosamente dagli iniziati indiani i quali le tramandano ai discepoli perpetuandole di generazione in generazione. Oueste tecniche segrete di alchimia psicofisica hanno relazione con lo sviluppo di certi poteri supernormali in virtù dei quali lo Yogi può compiere cose meravigliose e inspiegabili alla mente occidentale, non avvezza all’esplorazione del misterioso mondo che è dentro di noi. Abbiamo accennato a poteri miracolosi yoga e alla vita straordinariamente lunga che lo Yogi può avere.

Riportiamo di seguito il seguente brano dell Autobiografia di uno Yogi, di Paramhansa Yogananda (volume tradotto in nove lingue): «Lahiri Mahasaya aveva un amico famoso, Swâmi Trailanga, che si diceva avesse più di trecento anni. I due Yogi spesso sedevano in meditazione, La fama di Trailanga era tale che ben pochi avrebbero impugnato la verità di qualsiasi storia riguardante i suoi miracoli. Molte volte, lo Swâmi fu visto bere veleni mortali senza nessun inconveniente. Migliaia di persone, e alcune di esse ancora vivono, videro Trailanga immergersi nel Gange e restarvi per oltre un’ora. Per giornate intere sedeva sull’acqua o restava nascosto lungo tempo sotto le onde. Uno spettacolo abituale nei chat di Benares, era quello di vedere il corpo immobile dello Swâmi steso sulla melma infuocata, completamente esposto all’inclemente sole indiano. Con questi mezzi Trailanga cercava di insegnare agli uomini che la vita di uno Yogi non dipende dall’ossigeno o dalle condizioni e precauzioni ordinarie. Sia che egli restasse sopra o sotto l’acqua, sia che il suo corpo fosse o no esposto agli ardenti raggi del sole, il maestro era la testimonianza che si può vivere attraverso la divina coscienza senza morire.»

La posizione supina di rilassamento psicofisico, Savasana

Sáva in sanscrito significa «avente l’apparenza di un corpo umano morto». Questa âsana è chiamata appunto posizione del cadavere, poiché in questo esercizio il corpo è abbandonato a terra completamente rilassato.
Abbiamo suddiviso questa importante tecnica yoga in quattro parti onde permetterne la migliore esecuzione. Esclusa la prima, le rimanenti, che si suddividono ognuna in tre stadi successivi, richiedono venti o trenta giorni di pratico apprendimento ciascuna.

Prima parte: assunzione di Savâsana.

Innanzi tutto sarà utile disporsi in una camera isolata e raccolta.

Orientamento del corpo: il capo a nord. i piedi a sud. Concatevi sulla schiena, senza alcun cuscino sotto i capo. Qualora si sia vestiti, tenere ali indumenti eventualmente ben sciolti occhi, bocca, denti tranquillamente chiusi. Braccia molli lungo il corpo. Mani con il palmo rivolto in basso (altri autori lo consigliano rivolto in alto). Gambe distese, punte dei piedi allargate, calcagni uniti.
Sospendere tutti i movimenti volonta-ri. Il corpo deve essere come un oggetto inanimato.

Seconda parte: Fase neuromuscolare.

Pensare, concentrarsi sui muscoli sino a «sentirli» e percepire, distinguere i vari stadi di rilassamento. Iniziare l’esercizio operando su tutti i tessuti dalla punta dei piedi alla cima del cranio, passando in rassegna lentamente: piedi, polpacci, cosce, addome, petto, spalle, schiena, collo, braccia, volto. Rivolgere l’attenzione della mente su ogni parte del corpo separatamente percependo come primo stadio, lo stato di leggera tensione neuromuscolare esistente: si crede di essere rilassati perché si è in una posizione idonea ma in realtà molti muscoli sono ancora contratti o semicontratti.

Diminuire allora deliberatamente questa contrazione neuromuscolare
rilassandosi come meglio possibile entrando così nel secondo stadio stadio che precede il rilassamento completo vero e proprio. Operare mentalmente associando poi l’azione, rilassando via via prima tutti i muscoli rivolgendo poi il pensiero a organi, plessi nervosi eccetera. Si può ripetere al principio due-tre volte la rassegna del proprio corpo. Uno studio accurato del sistema muscolare, dei vari organi, apparati, plessi nervosi e così via, renderà organica e razionale la tecnica di questa âsana.

Il terzo stadio, che costituirà il completo rilassamento neuromuscolare, verrà realizzato solo dopo un certo numero di allenamenti variabili da persona a persona.

Terza parte: Fase respiratoria.

Nel primo stadio si rivolgerà la mente solamente al movimento d’inspirazione e di espirazione, osservandone il ritmo, il movimento, le fasi, senza influenzare la respirazione stessa essendo questo di competenza dello stadio successivo. Secondo stadio: cominciare volontariamente a controllare dolcemente la respirazione, ritmandola deliberatamente, in maniera che la lunghezza, il tempo impiegato nell’ispirazione, sia approssimativamente uguale a quello dell’espirazione. Si impari a respirare cosi, tranquillamente, concentrandosi
bene nel movimento lento dei polmoni. Il terzo stadio respiratorio consisterà nell’aumentare il volume e il tempo ‘inalazione parallelamente a quello d’esalazione del respiro.

Ouesto terzo stadio prepara felicemente a introdursi al Prânâyâma o
controllo del respiro.

Quarta parte: Fase mentale.

Gli stadi mentali saranno facilitati nella loro attuazione se le tecniche precedenti risulteranno regolarmente applicate. Il primo stadio lo si otterrà lasciando liberi i pensieri di snodarsi a loro piacimento e considerandoli quali «cose», così come in antecedenza si osservavano con indifferenza i moti respiratori. Secondo stadio: cercare di controllare i pensieri con dolcezza ma costantemente, non appena si presentano, allo scopo di eliminarli dall’area della coscienza. Il continuo allenamento al secondo stadio porta alla conquista del terzo stadio, che consiste nel determinare e mantenere un vuoto mentale nel quale non si pensa a nulla. In quest’ultimo stadio la coscienza si trova in uno stato di benessere e di completa tranquillità

Bisognerà sorvegliare altresì che Savâsana, in quest ultima parte, non scivoli nel sonno: occorrerà sorvegliarsi onde restare svegli e coscienti sino alla fine dell’esercizio.
Non ci stancheremo mai di ripetere che occorre allenarsi pazientemente nel rilassamento sino a ottenere il più profondo e generale stato di riposo.
Eseguire Savâsana al mattino appena desti e la sera. E assai proficua all’aria aperta, ottima in pineta e al mare. A tutti gli occidentali, mondati dal crescente dinamismo che logora l’individuo nel corpo e nella mente, è vivamente raccomandato di cercare di essere sempre rilassati.
Nei ritagli di tempo, nei momenti liberi, Savâsana si può realizzare anche parzialmente: per esempio, posando solo il volto, le braccia, le spalle e il torace.